I cerchi delle fate delle paludi cinesi potrebbero darci indicazioni su come le piante si adattano allo stress del cambiamento climatico.
I cerchi delle fate sono un fenomeno naturale inconfondibile: sono anelli di erba alta che circondano un'area brulla e senza tracce di vegetazione. Da non confondere con i cerchi delle fate fatti di funghi, che si trovano più o meno in tutto il mondo e in Europa in particolare sono soggetto di diversi miti e leggende, quelli vegetali sono presenti solo in Africa, in particolare nel deserto del Namib, e in Australia; hanno anche però dei "fratelli minori", che hanno la stessa struttura ma non sono perenni ma transitori.
NELLE PALUDI CINESI. Diffusi nelle paludi salmastre della Cina, questi cerchi delle fate sono stati per la prima volta studiati per capirne la genesi e il funzionamento; i risultati sono stati pubblicati su Science Advances, e potrebbero rivelarsi fondamentali per formulare strategie di recupero e conservazione di queste aree, che sono tra le più importanti riserve di CO2 che abbiamo sul pianeta.
Lo studio, condotto da un team della East China Normal University, ha preso in considerazione una serie di campioni prelevati da cerchi delle fate presenti nelle paludi salate della regione di Shanghai; si tratta di strutture composte in prevalenza da due specie, Scirpus mariqueter e Spartina alterniflora, e il cui raggio varia dai 10 ai 100 metri. La loro particolarità, che li distingue da quelli africani e australiani, è che non cominciano la loro vita sotto forma di anello ma di macchia di vegetazione, che poi "si svuota" con il passare del tempo fino a generare il cerchio.
SCOPERTE. Il team guidato da Li-Xia Zhao ha quindi prelevato campioni di suolo e materiale organico sia dal centro dell'anello sia dai bordi, e ha confrontato i valori di una serie di parametri chimici. Si è scoperto così che i campioni che provengono dal centro, dove manca la vegetazione, sono più ricchi in solfuri (che ad alte concentrazioni possono causare la morte di una pianta) e poveri in azoto (che al contrario aiuta la crescita delle piante).
Il gruppo di ricerca ha quindi costruito dei modelli informatici per spiegare la dinamica della formazione di questi anelli, che come dicevamo in origine sono invece macchie di vegetazione. Sia l'abbondanza di solfuri sia la carenza di azoto sono il risultato della morte delle piante originali, che decomponendosi fanno letteralmente terra bruciata sotto di loro, facendo un "buco" al centro e lasciando intatta la vegetazione ai margini, che può continuare a crescere indisturbata.
NON È UN DETTAGLIO. I modelli hanno dimostrato anche un'altra caratteristica dei cerchi delle fate transitori: rispetto ad altre strutture, compresi i loro fratelli perenni, ci mettono la metà del tempo a riprendersi da uno shock ambientale, e potrebbero essere quindi meglio equipaggiati per resistere allo stress dei cambiamenti climatici. Non è un dettaglio da poco: le paludi salmastre sono anche un'importante riserva di CO2 che viene sottratta all'atmosfera, e sono quindi uno degli ecosistemi più importanti da proteggere e conservare nell'ottica della lotta al riscaldamento globale.
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